* LA NON-LUCE DEL NORD EUROPA * 

Pensavo… al Nord Europa bisogna proprio fare un giretto, prima o poi. Io, in realtà, prima di andarci, io… l’ho sognato, il Nord Europa. Sono passati tanti, tanti anni ma ancora me lo ricordo, quel sogno. Non me n’è rimasta che un’immagine: mi trovavo su una grande e forse antica imbarcazione di legno, tipo quelle dei Vichinghi (o magari poteva trattarsi di una delle navi più
vecchie della flotta della Hurtigruten, il Postale dei Fiordi), e “sapevo” (perchè nei sogni “si sa”, “si intuisce”, “si conosce”…), sapevo, che stavo navigando nel tratto danese che collega il Mare del Nord con il Mar Baltico (a questo punto del racconto sarebbe consigliabile osservare una cartina dell’Europa… male non fa…). Vedevo, dalla nave, la costa, e le terre che stavo avvistando erano la Norvegia e/o la Svezia (mi è sempre piaciuta la geografia che, è evidente, torna utile anche nei sogni!). Ma il ricordo più vivido di questo quadretto era la luce, o meglio, la “non” luce in cui mi trovavo immersa. Potrei identificarla con quella che in Italia è tipica della sera inoltrata, un “quasibuio”, ma il colore di quella luce, di quel cielo…, era diverso…, non l’avevo mai visto…, era una luce scura e, nello stesso tempo, un buio chiaro (vi assicuro… non uso sostanze strane…). Come per incanto, anni dopo, quella luce l’ho ritrovata, tale e quale, prima in Scozia, poi a Copenhagen e ancora ad Helsinki e in Lapponia. Per chi non avesse ancora avuto questa fortuna, beh… è uno spettacolo di cui è un peccato privarsi! Ci si trova immersi in paesaggi ovviamente molto diversi da quelli cui siamo abituati e rimaniamo come… inglobati, avvolti, quasi protetti da questo colore omogeneo che è un blu/grigio luminoso. Si tratta di un’amalgama che definisce in modo moltdeciso i profili del paesaggio e così case, strade, monumenti e perfino boschi e fiumi assumono dei contorni molto netti. Un paradiso per chi ama la fotografia. Ma ecco che riaffiorano i ricordi..Frequentavo le scuole medie e mi era capitato, è proprio il caso di dirlo, un insegnante di educazione artistica non più giovanissimo, un pittore. Si trattava di un personaggio davvero particolare, un caratteraccio estroso e irascibile al punto che un giorno, adirato con un mio compagno di classe che, secondo il suo parere, non stava eseguendo un disegno a dovere, gli lanciò un pennello sul banco appioppandogli un sontuoso “Fessometro!!!”. Lanciava non solo pennelli ma anche Cristi e improperi con cadenza regolare e prevedibile, tanto che ci avevamo fatto l’abitudine e, dopo un breve periodo di adattamento, avevamo imparato ad accettarlo e, come si fa quando si hanno dodici/tredici anni, a divertirci alle sue uscite. Era peraltro un bravissimo insegnante e ci ha trasmesso una più che soddisfacente eredità sulla sua materia. Bene, ricordo che un giorno ci assegnò un titolo per il disegno da eseguire in classe. “Oggi disegnerete una canzone!” fu il perentorio ordine che ci impartì il Professore. Passai velocemente in rassegna le canzoni in voga al momento (eravamo negli anni 60) e optai per “Siesta” portata al successo da Bobby Solo. Mi impegnai moltissimo nel tracciare la sagoma di un Messicano accovacciato contro un muro e mi sbizzarrii nel colorare a tinte vivaci il poncho e il sombrero. Il vantaggio del Messicano che dorme con il sombrero calato sulla faccia è… che non devi disegnare la faccia, una delle cose più difficili da realizzare, e questa è la spiegazione della mia furbesca scelta. Aggiunsi un cactus (che non ci stava per niente male) e, timorosa, attesi, da un momento all’altro, il passaggio del temutissimo Prof tra i banchi. Fui sollevata quando, arrivato al mio fianco (io, capo chino sul banco, trattenendo il respiro) passando, né mi insultò né mi strappò il foglio (lo faceva, oh, se lo faceva…) ma, trovando evidentemente la mia opera accettabile, mi diede un preziosissimo consiglio per migliorarla. “Non si lascia mai lo sfondo vuoto! Bisogna riempire tutto quel bianco del foglio alle spalle del Messicano! Possibilmente con un colore che crei contrasto! Bisogna definire i contorni! Così il disegno è piatto!” E fu così che stesi un bellissimo blu/grigio su tutto ciò che era rimasto da colorare. Il disegno prese tutto un altro aspetto. C’era vita (anche se il Messicano dormiva ancora…), c’era profondità, c’era tutto! Grazie Professore. Sì! Esatto! Era quello stesso blu/grigio del Nord Europa. Era l